Peter BEHRENS, AEG-Montagehalle für Großmaschinen, Berlin-Wedding, 1911-1912




Per la realizzazione della Sala di montaggio per grandi macchine, posta lungo la Hussitenstraße, l’AEG acquistò e fece demolire alcune case popolari tardo-ottocentesche presenti lungo la via. Le forme, i materiali utilizzati (acciaio, mattone e vetro), le soluzioni tecniche e funzionali adottate, evidenziano chiari riferimenti alla recente AEG-Turbinenfabrik, appena ultimata nel 1909. Per la prima volta nell’architettura industriale di Berlino, venne costruito un capannone con struttura portante solo in metallo e con copertura completamente vetrata. La struttura portante, visibile solo dall’interno, è composta da pilastri rastremati verso il basso e da tralicci metallici a vista. Il salone, alto 24 mt e con una luce di 30 mt, completamente libero da sostegni verticali, era allora il più grande spazio unitario mai realizzato a Berlino nell'ambito dell'edilizia industriale. Queste grandi dimensioni erano necessarie per agevolare il montaggio dei macchinari di grandi dimensioni prodotti dalla AEG. In questo interno, luminoso e spazioso, le maestranze erano immerse nella luce naturale proveniente da tutte le direzioni. La copertura vetrata è sostenuta da capriate in acciaio strutturate su tre cerniere che, con la loro forma poligonale, hanno determinato il profilo superiore del capannone e delle facciate. La novità tecnica, rispetto alla AEG-Turbinenfabrik, è costituita dal fatto che qui sono assenti i tiranti. Il risultato è un interno molto più compatto e unitario, ma la conseguenza funzionale più importante è che le gigantesche gru mobili sono libere di operare anche nello spazio sotto le arcate. Sulle pareti sono infatti applicati due binari metallici su cui scorrono i ponti mobili per il trasporto di carichi pesanti; si trovano a 15 mt di altezza ed erano in grado di trasportare pesi fino a 75.000 kg. Sul lungo fronte su Hussitenstraße, inizialmente strutturato su 13 campate, è possibile leggere in modo chiaro la struttura portante in acciaio. È composto dall’alternarsi di piani in vetro e piani in mattoni, le cui campate sono divise da sottili piedritti metallici. Nella sezione centrale, leggermente arretrata, si aprono coppie di alte e strette finestre incorporate nella struttura metallica, mentre la sezione superiore della parete è simile ad un attico chiuso. In realtà si tratta di pannelli di riempimento in mattoni inseriti tra la linea interna del binario dei ponti mobili e i montanti. Grazie alla disposizione quasi a filo di mattoni, vetrate ed elementi metallici e per l’assenza di elementi decorativi, la composizione anticipa il linguaggio astratto ed essenziale del Razionalismo degli anni Venti. A differenza della AEG-Turbinenfabrik, la facciata d'accesso non si trova sulla via pubblica, ma sulla corte, verso l’estremità nord-occidentale, dove è situato l’ingresso principale al complesso industriale. Questa facciata è dominata da tre enormi aperture verticali a nastro che partono dal piano stradale; in quella centrale è presente il portale d’accesso. Nel 1928 il capannone venne esteso di altre quattro campate, raggiungendo una lunghezza di ben 176 mt. Per questo prolungamento, l’AEG acquistò il lotto sull’angolo Voltastraße/Hussitenstraße e fece demolire le ultime abitazioni preesistenti. Con questo ampliamento, realizzato attenendosi scrupolosamente ai disegni di Behrens, si è potuto finalmente completare l'edificazione lungo il perimetro l´isolato, ottenendo così quella uniformità architettonica assente in precedenza. L´incrocio stradale è ora dominato dal potente prospetto "pubblico", quello senza ingresso, che si caratterizza per il preciso reticolo definito da vetrate verticali e pilastri, tra parti piene e parti vuote, per l’assenza di qualsiasi ornamento, la cui austerità è accentuata dal severo frontone nel cui campo è impresso lo storico logo della AEG. La copertura vetrata, distrutta durante la II Guerra mondiale, venne ricostruita nel Dopoguerra rifacendosi ai disegni originali di Behrens. Nel 2003 il salone venne ristrutturato e integrato nella Technische Universität Berlin e ribattezzato "Peter-Behrens-Halle". La costruzione è oggi considerata uno dei capolavori della nascente moderna architettura industriale. (testo e immagini di Pierluigi ARSUFFI, tutti i diritti riservati)